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Sul buon gusto e sulla gastronomia

( a cura di Mauro Gaudino Copyright © 2006)

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Ritengo che, a parte i veri gastronomi, una sola persona non sia in grado di valutare con precisione il valore di un piatto o di un intero pasto.
Se dopo un buon pasto provate a chiedere ai vostri commensali di dare un voto segreto e preciso ad ogni singola pietanza assaporata, vi accorgerete che questi saranno sempre un po' discordanti anche se convergenti.
Il giudizio sarà più o meno convergente quanto più omogenea o differente è la compagine dei commensali per cultura ed esperienze gastronomiche.
Solo quei gastronomi più preparati saranno in grado di avvicinarsi al valore medio dei giudizi espressi e quindi a dare un giudizio più oggettivo, usabile ad esempio su una guida ristoranti, per questo motivo preferisco evitare recensioni di sconosciuti all'interno della guida.
Se immaginiamo il totale dei voti circoscritti in un cerchio, tale cerchio risulterà tanto più stretto quanto più c'é affinità gastronomica dei commensali. Credo che questo dipenda dal fatto che il gusto segua una logica si collettiva, ma con sfumature individuali che ne fanno la differenza, e che un buon gastronomo sia in grado di non considerare nel giudizio di un piatto.
Un secondo di carne Se infatti esistono pietanze oggettivamente dal sapore migliore di altre, è anche vero che esistono preferenze soggettive.
Per capire meglio il concetto ci dobbiamo domandare cosa sia il gusto.
Con il gusto noi identifichiamo le cose buone da mangiare, cioè quelle che ci forniscono più calorie, proteine, vitamine ecc...
Per una corretta alimentazione, questi principi nutritivi devono essere assunti in determinate quantità e percentuali.
Benché ci siano delle necessità comuni per tutti gli uomini, esistono esigenze individuali differenti che possono essere legati al tipo di costituzione fisica, al lavoro svolto, ad intolleranze alimentari, alla diversa capacità di assorbimento di alcuni principi nutritivi rispetto ad altri ecc... Credo che queste differenti necessità nutrizionali possano portare a preferire un piatto piuttosto di un altro.
Sono arrivato a questa conclusione facendo un confronto della tendenza alimentare tra chi svolge un'attività pesante e, per esempio, uno studente.
Il primo probabilmente avrà necessità di più energia ai muscoli e quindi tenderà ad un'alimentazione più ricca di grassi e proteine, il secondo invece avrà necessità di più energia alla mente e probabilmente preferirà un'alimentazione più ricca di zuccheri.
Da ciò personalmente desumo che il piacere del mangiare sia influenzato dalle esigenze nutrizionali che variano sensibilmente da individuo a individuo.
 Esigenze nutrizionali che ricerchiamo e individuiamo nei cibi proprio grazie al sapore ed alle altre sensazioni che questi ci danno.
In questa ottica il sapore del cibo sarebbe il risultato di un'analisi che facciamo in bocca quando mangiamo.
Infatti durante la masticazione, noi sminuzziamo il cibo, permettendo alla saliva, quale solvente di alimenti solidi, di raccogliere e portare alle papille gustative le particelle di sostanze sapide che una volta identificate e a seconda delle nostre necessità e preferenze, risulteranno più o meno a appetibili.
Mi piace paragonare la bocca ad una specie di laboratorio di analisi che ci permette di analizzare ciò che stiamo per ingerire e ci suggerisce di preferire quel cibo piuttosto che un altro anche in ragione delle nostre necessità organiche individuali.
Ma la questione del gusto non credo si limiti solo alle qualità nutrizionali e sapide degli alimenti, ma anche da questioni culturali e di educazione al cibo.
Personalmente ritengo che se da bambini ci hanno educato in certi sapori, soprattutto nella prima fase della loro scoperta, da adulti sarà possibile avere un'inclinazione o una preferenza per quei sapori piuttosto che per altri.
Ecco perché secondo me è importantissimo durante questo periodo scegliere il cibo migliore, selezionandolo da alimenti di alta qualità, in modo da predisporre in un certo senso la persona quando matura, a riconoscere e gradire prodotti biologicamente e qualitativamente migliori piuttosto di altri.
Infine non sottovaluterei l'aspetto psicologico, infatti tutti noi sappiamo quanto deliziosa sia una torta, ma anche quanto gusto in più ci sia nel mangiarla con gli amici e parenti.
Possiamo quindi dire, in base all'analisi di cui sopra, che come per molte cose, anche nel gusto è "la somma che fa il totale", e che pietanze eccellenti per alcuni potrebbero non esserle o esserle meno per altri, a seconda di vari fattori "accessori".
Solo un'educazione al buon gusto che deve cominciare da giovanissimi, permette di trascendere da tali elementi nel gustare un piatto, e migliorare la la nostra capacita percettiva del veramente buono, quello che ci fa bene, qualità che tutti e non solo gastronomi dovrebbero possedere, perché noi siamo quello che mangiamo.
Gastronomi quindi si diventa, con l'educazione al buon cibo, la voglia di conoscere e l'esperienza.

 

Tra i più famosi gastronomi ricordiamo Pellegrino Artusi nato nel Pellegrino Artusi1820 a Forlimpopoli  (FC) , che figlio di un droghiere fu commerciante eppoi letterato, da sempre amante della buona cucina. A ormai sessant'anni si dedicò all'approfondimento alla gastronomia scrivendo "La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene" pubblicandolo nel 1891 a sue spese.  Quel libro diventò un best-seller che lo rese gastronomo di fama internazionale. Parla di ricette e di cucina regionale, la stessa cucina e le stesse ricette che aveva selezionate grazie a quella capacità percettiva del veramente buono cioè che ci fa bene, che aveva sviluppato negli anni e che senz'altro contribuì alla sua lunga vita. Si spense infatti nel 1911 a Firenze a 91 anni. Un vero record per l'epoca.


 

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